FOTOCAMERE

l’evoluzione tecnica fino ai primi del ‘900. Le fotocamere di medio e piccolo formato

Di Alfredo Corrao. Prima pubblicazione in “ImagoRomae”, giugno 2011

#5 Le fotocamere di medio e piccolo formato

Nel 1880 la creazione della prima pellicola fotografica dà un nuovo impulso alla costruzione di fotocamere sempre più piccole e performanti, il cui uso poteva ora distinguersi per specifici campi d’applicazione. Nello stesso periodo anche la produzione di lastre di sufficiente rapidità, tali da poter fare delle istantanee aprì la strada ad una nuova generazione di macchine fotografiche da usare a mano libera. La maggior parte di questi nuovi modelli a lastra riproponevano in scala ridotta le caratteristiche delle fotocamere da campagna, che all’epoca andavano per la maggiore. Il formato usuale era il 4×5″ (10×12 cm). Dalle fotocamere da campagna venivano mutuati, in dimensioni compatte e con struttura pieghevole, alcuni movimenti della piastra porta ottica, il vetro smerigliato per la valutazione esatta dell’inquadratura e della messa a fuoco e l’otturatore centrale. Rispetto a queste disponevano in più di quanto serviva per l’uso a mano: un mirino e una scala metrica per impostare la distanza di messa a fuoco, stimata a vista.

Vest Pocket Kodak. Annuncio pubblicitario dell’epoca.

Pochi anni dopo, nel 1888, George Eastman lanciò sul mercato la prima fotocamera Kodak. Fotoamatore, già impiegato di banca, Eastman a 24 anni sviluppa una nuova emulsione per lastre fotografiche (1878) e, nel 1880, in seguito ad un suo successivo brevetto, inizia la produzione commerciale di lastre al collodio secco.

Kodak Original – Eastman Dry Plate & Film Co 1888

La sua innovativa fotocamera, che utilizzava un rotolo di carta sensibilizzata per negativo, permetteva di scattare ben 100 pose prima di essere rispedita a Kodak, che provvedeva allo sviluppo delle foto, ricaricava la macchina fotografica con una nuova pellicola da altre 100 pose ed infine la restituiva al proprietario. Alla fine del XIX secolo, nell’arco di soli 10 anni, le macchine fotografiche da usare a mano libera ebbero uno sviluppo rapidissimo grazie all’invenzione della pellicola in rotolo.

L’idea inseguita da George Eastman era la seguente: “You press the button, we do the rest” (Voi premete il bottone, noi facciamo il resto). La KODAK fu la prima macchina fotografica “a scatto” e con essa George Eastman puntava a rendere la fotografia più semplice possibile.

Kodak Small Box Cameras 1895-1916

Contemporaneamente si consolidarono tutte le caratteristiche basilari delle folding, le fotocamere di medie dimensioni a soffietto, che mantennero rilevanti quote di mercato fino alla fine degli anni ’30.

La commercializzazione della pellicola in rotolo nel 1889 (anno in cui Kodak presenta anche la prima pellicola per diapositive), aprì la strada alla realizzazione delle macchine pieghevoli compatte. Le prime fotocamere (Folding Kodak Camera, Folding Kamaret, ecc.) erano in realtà piuttosto ingombranti poiché il caricamento della pellicola in camera oscura rendeva conveniente disporre di molte esposizioni.

Ma già nel 1891 Kodak lancia una fotocamera caricabile alla luce grazie alla pellicola inserita in un caricatore (il rullino) e nel 1895 annuncia la Folding Pocket KODAK Camera, posta in vendita nel novembre del 1897 al prezzo di 8 dollari. Questa fotocamera è giustamente considerata la capostipite di tutte le folding perché introduce delle soluzioni tecniche che saranno riprese, con continui miglioramenti, da tutte le successive.

Kodak Vest Pocket Autographic 1915-26

Restava fattore condizionante, nella costruzione delle moderne macchine fotografiche, la dimensione della pellicola. Con i rulli di pellicola caricabili alla luce il bisogno di disporre di molte esposizioni era meno sentito, e il diametro del rullo fu ridotto. Il contemporaneo arrivo della Folding Pocket KODAK Camera introdusse il formato 6×9 stabilendo uno standard utilizzato per molti anni a seguire.

Nel 1913 venne immessa sul mercato il primo modello Leica.

La Leica cambia totalmente la storia della macchina fotografica portando sul mercato qualcosa di completamente nuovo, non il miglioramento di qualcosa già esistente. Un progetto rivoluzionario, che ridisegna la fotocamera inventando una impostazione dei comandi rimasta finora immutata. Per questo motivo la Leica è universalmente riconosciuta come la pietra miliare che segna l’inizio della storia moderna della fotocamera.

Leica introduce il formato 24×36, il caricatore metallico per pellicola 35mm con doppia perforazione (in seguito modificato dalla Kodak in funzione della produzione industriale e codificato nel 1934 “135”), e concretizza il sogno di Oskar Barnack: “un piccolo negativo per grandi foto“.

Barnack (1879 – 1936) era un fotoamatore con idee chiare sulle qualità della macchina fotografica ideale: doveva essere piccola, leggera e con ampia autonomia, senza che ciò significasse rinunciare a negativi di alta qualità. All’inizio del ‘900 si trattava di un sogno impossibile e Barnack stesso aveva già fallito varie volte tentando di modificare alcune fotocamere per lastre in vetro.

L’occasione giusta gli si presentò nel 1913 quando, come dipendente di Ernst Leitz, fu chiamato a progettare una cinepresa. La storia ufficiale racconta che Barnack propose di costruire una semplice macchina fotografica atta a determinare l’esatta sensibilità della pellicola cinematografica, dato che al tempo non c’era altro mezzo che sviluppare uno spezzone di pellicola esposta per far ciò.

Presumibilmente invece Barnack approfittò dell’occasione continuare i suoi tentativi di realizzare la fotocamera avente un piccolo negativo per grandi foto. Infatti, nel prototipo aveva già scelto di aumentare le dimensioni del formato cinematografico (da 18×24 a 24×36 mm) ed inserito un contafotogrammi numerato fino a 50, troppo per una macchina destinata a fare solo qualche scatto di prova.

Barnack usò il prototipo per molti anni, ed alcune foto sono giunte fino a noi: la qualità era decisamente buona e “la macchina di Barnack” fu apprezzata anche da Leitz. Il suo progetto restò però tale fino al termine della Grande Guerra, quando Ernst Leitz, in un contesto di profonda crisi economica, fu costretto a puntare su un prodotto nuovo e diverso per rilanciare la propria industria. Furono quindi migliorati l’otturatore ed il contapose, la fotocamera venne dotata di un mirino e si progettò un obiettivo appositamente per il nuovo formato.

Alla macchina venne affiancata la cassetta a tenuta di luce che, pre-caricata in camera oscura, consentiva di cambiare la pellicola alla luce, dava grande autonomia e, soprattutto, non aumentava le dimensioni della macchina. L’uso del rocchetto ricevitore per i fotogrammi esposti rese necessario il comando di sblocco e quello per riavvolgere la pellicola.

Leica “serie 0” 1923

Una preserie di 30 pezzi leggermente diversi fra loro venne sottoposta giudizio dei fotografi nel 1923 e nel 1925 la Leica (Leitz camera) fu finalmente immessa sul mercato.

Alla prima serie ad ottica fissa seguirono ne presto altre ad ottica intercambiabile, prima con attacco non uniformato (ogni fotocamera richiedeva propri obiettivi) e poi standardizzato. Il grande successo della Leica stimolò molti altri costruttori, primi fra tutti Zeiss, che introdusse il marchio Contax, e Kodak, la quale iniziò a produrre caricatori di pellicola preconfezionati per il nuovo formato ed una macchina dal prezzo più popolare, la Retina. Queste aziende consolidarono il successo del nuovo standard fotografico che per decine di anni, e da alcuni ancora oggi, venne chiamato semplicemente “formato leica“.

Leica I Mod.B Dial-set Compur 1927
Leica I Mod.B Dial-set Compur 1927
 Leica I Mod.A Elmar 1930
Leica I Mod.A Elmar 1930

Da quei primi decenni del ‘900 in poi la fotocamera si evolve ma, sostanzialmente, non cambia più.

Oggi, come alle origini della fotografia, essa è un mezzo – meccanico od elettronico – con cui comunicare emozioni ed informazioni, con cui creare o documentare, con cui raccontare grandi verità ed incredibili bugie. Oggi come allora per funzionare necessita soprattutto di tre parti: un obiettivo, un foro, da cui la luce entra; uno spazio (la lunghezza focale) attraverso il quale questa passa per poi depositarsi in un piano dove risiede il materiale fotosensibile.

E se, come ha detto Henri Cartier-Bresson, “Fotografare significa mettere sulla stessa linea di mira l’occhio, la mente e il cuore[1], possiamo tranquillamente definire questi tre elementi l’occhio, la mente e il cuoredi ogni fotocamera.


[1] “Images à la sauvette” Verve, Paris 1952